«Tra tutti, i soli che davvero dispongono del loro tempo sono coloro che attendono alla saggezza; sono i soli che vivono e non si limitano ad amministrare bene i loro anni, ma aggiungono tutte le età alla loro. Tutti gli anni trascorsi prima che essi esistessero fanno parte del loro patrimonio. [...] nessuna epoca ci è vietata, in tutte ci sentiamo accolti [nullo nobis saeculo interdictum est, in omnia admittimur] e, se vogliamo uscire mediante la magnanimità dalle strettoie della caducità umana, abbiamo molto tempo in cui spaziare. Ci è possibile disputare con Socrate, dubitare con Carneade, riposare con Epicuro, dominare la natura umana con gli stoici, oltrepassarla con i cinici. E poiché la natura ci permette di subentrare da compartecipi in tutta la storia, perché non dovremmo uscire da questa angusta e provvisoria parentesi cronologica e darci con tutto l'essere a ciò che è immenso, eterno, condiviso dai migliori?»
– Lucio Anneo Seneca, De brevitate vitae (14, 1-2), tr. it. di Aldo Marastoni (Bompiani)