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Mentereale.com: La chiacchiera ci difende dall’angoscia della morte o è, essa stessa, una morte dell’anima? (di Francesco Lamendola)
«Chiacchierare per non 'dire' la realtà – cioè, in fin dei conti, per 'censurare' la morte. In Lucrezio come in Heidegger, anche se, ovviamente, in modi diversissimi, lo scontro con la ineludibilità della morte è infatti la via per vivere l’esistenza. Il problema della morte, dunque: accolta come costitutiva della vita, nella filosofia del maestro del nostro secolo, espulsa come non pertinente alla vita, nella filosofia di Epicuro e Lucrezio; soluzioni opposte, che rivelano 'mondi' mentali remoti e incomunicanti, uniti, però, da una fondamentale necessità: affrontare il problema della morte è condizione necessaria per vivere veramente una vita autentica. Heidegger scriveva nella Germania degli anni ‘20; oggi si può osservare che l’ideologia televisiva censura la morte e la malattia [...]: il tema della morte presenta la capacità di rivelare l’inanità di operazioni di falsificazione ideologica anche molto ben recepite dal corpo sociale.
In altre parole, per Heidegger la gente non parla delle cose, ma parla delle proprie parole intorno alle cose. Le cose sono solamente un pretesto; le parole che ne parlano non sfiorano nemmeno la loro essenza, restano staccate da esse e chiuse nella loro autoreferenzialità. L’importante non è dire qualcosa che permetta di meglio comprendere la realtà, ma dire e basta, semplicemente: dire per sentirsi rassicurati dalla propria voce.
Per Heidegger, è proprio la consapevolezza della morte che, attraverso l’angoscia, spinge l’uomo ad una vita più autentica: [...] ma ciò in un’ottica puramente laica e immanente, al di fuori di qualunque soluzione religiosa.»