«Ma sia nella massima sia nella minima felicità è sempre una cosa sola quella per cui la felicità diventa felicità, il poter dimenticare o, con espressione più dotta, la capacità di sentire mentre essa dura in modo non storico, chi non sa mettersi a sedere sulla soglia dell'attimo dimenticando tutte le cose passate, chi non è capace di star ritto su un punto senza vertigine e paura come una dea della vittoria, non saprà mai che cosa sia la felicità e, ancor peggio, non farà mai qualcosa che renda felici gli altri.
[...]
Per ogni agire ci vuole oblio: come per la vita di ogni essere organico non ci vuole soltanto luce, ma anche oscurità. Un uomo che volesse sentire sempre e solo storicamente, sarebbe simile a colui che venisse costretto ad astenersi dal sonno, o all’animale che dovesse vivere solo ruminando e sempre per ripetuta ruminazione [...] è assolutamente impossibile vivere in generale senza oblio».
– Friedrich Nietzsche, Sull'utilità e il danno della storia per la vita (tr. it. di S. Giametta e M. Montinari, in Opere, vol. III, t. I, Adelphi, 1976, p. 264)