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La Stampa: Percezioni (di Piero Bianucci)
«Non è la posizione del filosofo empirista George Berkeley (1685-1753), “essere significa essere percepito”, che, se portata alle estreme conseguenze, nega l’esistenza del reale. Lotto sa bene che il reale esiste in sé e non solo nel nostro cervello, ma ciò che gli interessa è il meccanismo con cui il cervello rappresenta il reale. Questo meccanismo è frutto di milioni di anni di evoluzione biologica. Le esperienze di innumerevoli generazioni passate hanno inciso nel nostro patrimonio genetico un vasto repertorio di interpretazioni percettive che si sono rivelate vantaggiose per la sopravvivenza. “Guardiamo – dice Lotto – attraverso milioni di anni di storia”. Ecco perché solo una piccola parte dei dati sensoriali viene elaborata: quella che l’esperienza evolutiva ha ritenuto utile; perché il senso della vista lavora per contrasti: la stessa tonalità di grigio ci sembrerà chiara su uno sfondo scuro e più scura su uno sfondo chiaro; perché reagiamo a uno stimolo prima di esserne consapevoli, come hanno dimostrato gli esperimenti di Benjamin Libet mettendo in discussione l’esistenza del libero arbitrio. Insomma, nel costruire il senso del mondo siamo schiavi dell’evoluzione e il contesto è tutto.»