«Poiché il dubbio si rivela incompatibile con la vita, lo scettico coerente, ostinato, questo morto-vivente, termina la sua carriera con una disfatta che non ha equivalenti in nessun’altra avventura intellettuale. Furente per aver cercato la singolarità e per esservisi compiaciuto, egli aspirerà all’ombra, all’anonimato: e tutto questo, paradosso dei più sconcertanti, proprio nel momento in cui non sente più alcuna affinità con niente e nessuno. Modellarsi sulla massa è tutto ciò che auspica a questo punto del suo tracollo in cui riduca la saggezza al conformismo e la salvezza all’illusione consapevole, all’illusione postulata, in altre parole all’accettazione delle apparenze in quanto tali. Ma egli scorda che le apparenze non sono una risorsa se non quando si è tanto obnubilati da equipararle a delle realtà, quando si beneficia dell’illusione ingenua, dell’illusione che ignora se stessa, di quella appunto che è appannaggio degli altri e di cui lui è il solo a non possedere il segreto. Invece di rassegnarsi, si metterà – proprio lui, il nemico dell’impostura in filosofia – a barare nella vita, persuaso che a forza di dissimulazioni e di frodi riuscirà a non distinguersi dal resto dei mortali, che cercherà inutilmente di imitare, visto che ogni atto esige da lui una lotta contro i mille motivi che ha per non compierlo. Il suo gesto più infimo sarà preparato, sarà il risultato di una tensione e di una strategia, come se dovesse prendere d’assalto ciascun istante, non potendo calarvisi naturalmente. [...] Distaccato dalle proprie imprese e dai propri misfatti, è arrivato alla liberazione, ma a una liberazione senza salvezza, preludio all’esperienza integrale della vacuità, a cui è molto vicino quando, dopo aver dubitato dei propri dubbi, finisce col dubitare di sé, con lo sminuirsi e con l’odiarsi, col non credere più nella propria missione di distruttore. Una volta reciso l’ultimo legame, quello che lo teneva attaccato a se stesso, e senza il quale perfino l’autodistruzione è impossibile, egli cercherà rifugio nel vuoto primordiale, nel più profondo delle origini, prima di quella contesa fra la materia e il germe che si prolunga attraverso la serie degli esseri, dall’insetto al più tribolato dei mammiferi.»
– E.M. Cioran, La caduta nel tempo (tr. it. di T. Turolla, Adelphi, 1995, pp.53-55)