Nessuna voce del cuore si cela in effetti nei riposti segreti dell'animo. Nessuna luce ultramondana trapela attraverso la sorda e sempiterna materia. Solo il grido disperato e disperante delle vittime si leva dai recessi del dolore in cui esse sono confinate. Solo la ferocia degli istinti libertini possiede il diritto e/o la forza di mettere a tacere le esigenze altrui, abbrutite ed umiliate nelle orrifiche maglie della violenza e della crudeltà assolute.
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Privo dell'anima e, quindi, della supposta capacità di autodeterminarsi, l'uomo non è altro che un aggregato di materia variamente combinata: incapace di scegliere cosa sentire e desiderare, è macchinalmente portato ad inseguire la specifica felicità cui i suoi istinti anelano e, animale tra altri animali, non differisce da un verme o da una mosca se non per una maggiore complessità della struttura dalla quale è composto. Quand'anche, cercando di uscire dalla monadica solitudine in cui se sente confinato, tentasse di stabilire un rapporto con i suoi simili, egli non potrebbe superare i limiti fisiologici che delimitano ogni essere vivente, né comprendere qualcosa che sia fisicamente diverso da se stesso e dai propri bisogni. Una legge tuttavia lo accomuna agli altri organismi; una norma insita tanto nella creatura più pacifica e bonaria quanto in quella più feroce e crudele: l'egoismo, signore e padrone dell'intera natura. Come numerosi moralisti e, in particolar modo, Francois de La Rochefoucauld, Sade non considera l'amour propre qualcosa da cui la coscienza umana si possa liberare, bensì una dimensione inestirpabile, l'essenza più profonda ed intima di qualsivoglia realtà esistente:
“Tutto perciò è vizio nell'uomo e il solo vizio è l'essenza della sua natura e del suo organismo. L'uomo è vizioso quando preferisce il proprio interesse a quello degli altri ed è vizioso nello stesso seno della virtù, dal momento che questa virtù, questo sacrificio delle passioni non è altro in lui se non un moto d'orgoglio o il desiderio di fare refluire su di sé una dose di felicità più serena di quella offertagli dal delitto.” [Juliette ovvero le prosperità del vizio (1801), trad. di P. Guzzi, Newton Compton, Roma, 1993, vol. I, p. 137]
Da questo punto di vista, ogni impostazione etica perde qualsiasi valore autonomo ed assiologico: non essendo altro che uno stratagemma per occultare i moventi soggettivi, essa viene impiegata solo da coloro che, per necessità di cosa, non possono estrinsecare direttamente i desideri patiti, e ottenere subito quel che altri sa prendere e conquistare repentinamente.
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La forza di cui parla sovente Sade non ha [...] alcun fondamento sociale, ma è generata esclusivamente da una causa soggettiva, la quale rappresenta ciò che spinge taluni individui tanto verso la conoscenza quanto verso l'emancipazione comportamentale, indistinguibili e medesimi principi degli intelletti più robusti e lucidi:
“L'elemento della fiaccola della filosofia è lo sperma. Tutti i principi morali e religiosi scompaiono completamente quando sopraggiungono le passioni.” [La nuova Justine ovvero le sciagure della virtù (1799), trad. di F. Nicoletti Rossini, Newton Compton, Roma, 1993, p. 73]
Un solo Eros – e non due, come vorrebbe Platone nel Simposio – muove dunque la coscienza: un bisogno volgare, terreno, lubrico. L'altro, frutto della fantasia e dell'immaginazione del famoso filosofo greco, non esiste né potrebbe mai esistere. Al di là della materia e della biologica felicità cui anelano gli uomini, involontariamente precipitati in "questo mondo", non c'è del resto nulla: non si disvela e concreta alcuna verità possibile.
L'animo è dunque gettato dalla natura in una realtà estranea ed innocente la cui sola ed unica determina il continuo ed incessante divenire delle forme: se vuole appagare le brulicanti esigenze dalle quali è percorso, deve avere il coraggio di perseguire una felicità intensa ed estrema, la quale non può punto considerare il dolore altrui un limite degno di considerazione o di rispetto alcuni.
– Marco Ranalli, De Sade. Il pensiero filosofico, Editrice Clinamen, 2011, pp. 81-83
– Marco Ranalli, De Sade. Il pensiero filosofico, Editrice Clinamen, 2011, pp. 81-83